Il talento dell’imprenditore determina quanti soldi si mette in tasca?

Molti pensano che il progresso di una nazione sia misurato dal prodotto interno lordo e dai tassi di consumo. 

Altri danno una chiave più “umana” e meno riassumibile in numeri, tipo: 

“Il progresso di una nazione è legato al sistema sanitario, all’accesso all’istruzione, al rispetto dei diritti umani fondamentali”.

È superfluo precisare quanto questi elementi siano linfa vitale per un Paese. 

Tuttavia, se dovessi rispondere io alla domanda “Cosa detta il progresso di una nazione?” Non avrei dubbi sulla risposta.

Il progresso di una nazione dipende dall’imprenditoria di qualità presente nel territorio.

… e per fare l’imprenditore è inutile girarci intorno: serve talento. Il talento è la capacità di raggiungere i propri risultati inconsapevolmente

Prima di creare fraintendimenti e diffondere l’idea che imprenditori si diventa presi da una sorta di sonnambulismo in cui otteniamo risultati senza sapere come, preciso cosa intendo.

In genere, quando stai imparando un’abilità ci sono 4 gradi di consapevolezza:

  • per esempio, se vivi la tua vita senza fare uso di un macchinario preciso che neanche sai che esiste, sei Inconsapevolmente Incapace di usare quel macchinario;
  • se stai imparando a usare quel macchinario e ancora non sei in grado, sei Consapevolmente Incapace;
  • una volta che ci hai preso mano, usi il macchinario dedicandogli totale attenzione, probabilmente con fogli di istruzioni sott’occhio… che non si sa mai! Sei diventato Consapevolmente Capace;
  • arriva poi il momento in cui il macchinario lo usi quasi a occhi chiusi, magari mentre fai anche altro (tipo chiacchierare col collega). Sei ora Inconsapevolmente Capace.

L’ultimo stadio è quello in cui tu fai le cose bene e quasi ti rendi conto di come ci riesci. Lo fai e basta. È dentro di te.

Esattamente come parlare la tua lingua madre senza sapere tutte le regole di grammatica.

Voglio dire, è vero che “chiamare è un verbo transitivo, quindi regge il complemento oggetto e non il complemento di termine”… ma molti sanno solo che si dice “Chiamo Lucia” e non “Chiamo a Lucia”.

Punto. 

Questo è il livello Inconsapevolmente Capace di parlare la tua lingua.

 

Per un imprenditore impegnato a realizzazione la sua visione, vale lo stesso principio.

Il talento è qualcosa di criptato dentro di noi che ci porta a realizzare ciò che abbiamo in testa. 

Non è un caso che spesso ci sia invidia nei confronti dell’imprenditore da parte di chi non lo è; da fuori sembra quasi che l’imprenditore sia una persona che dal nulla ha delle idee e le trasforma in realtà.

Una sorta di “fata turchina” del business.

Eppure qualunque imprenditore sa bene che non è questione di fortuna… 

… così come non dev’essere per forza questione di fortuna trovare persone altrettanto talentuose da inserire in organico godendo della loro straordinarietà innata.

La bella notizia è che ci sono dei modi per trasferire – almeno in parte – il tuo talento da imprenditore al resto dell’azienda e circondarti di “mini-te” che lavorano insieme per il realizzare la tua visione aziendale.

Prima di vedere come si fa, permettimi di parlarti con dei dati alla mano.

Secondo le statistiche ISTAT del 2019, in Italia ci sono oltre 3 milioni di imprese. 

Per essere precisi parliamo di 3.396.677 aziende con un fatturato complessivo di oltre 3 miliardi e mezzo (3.559.032.000,00€).

Questo gigantesco fatturato però NON è una media equa suddivisa tra tutte le aziende… anzi.

Il 92,24% delle aziende italiane fattura meno di un milione di euro: sono quelle che io chiamo aziende “incompiute”.

Questo 92,24% di micro aziende, tutte insieme portano l’1,97% del fatturato complessivo di tutte le altre aziende.

A livello di talento vuol dire che l’idea c’è (così come la spinta che ha portato l’imprenditore ad aprire la sua azienda), ,a che quella spinta non si è rivelata ancora sufficiente per percorrere lunghi tragitti in acque turbolente come quelle dei mercati – tipo una nave da crociera transatlantica.

Ecco, per mantenere la metafora, il 92,24% delle aziende italiane sono vascelli, motoscafi o catamarani.

Solo il 7,76% delle aziende italiane sono transatlantici e fatturano più di un milione.

Queste percentuali sottolineano una grande differenza tra chi fa parte di un gruppo e chi dell’altro.

Lo stacco a livello di fatturato è enorme.

Negli ultimi 30 anni a fianco di imprenditori e venditori ho avuto modo di farmi una chiarissima idea di cosa riempie quello stacco e quali sono le principali mancanze delle cosiddette aziende incompiute:

  •  Il primo problema è che non sono strutturate.
  •  Il secondo è legato alla difficoltà a operare con norme di valori e codici condivisi (questa lacuna dà origine a ogni problema e impedisce a un’impresa attiva di svilupparsi).

A un’azienda, per crescere, servono la fiducia tra collaboratori, venditori, clienti e anche da parte di fornitori e chiunque altro interagisca con l’azienda. Devono in qualche modo “fare il tifo per lei”.

Questo effetto si ottiene proprio grazie a comportamenti corretti, di cooperazione, basati su valori e codici di condotta condivisi.

  • andando ancora più indietro, un altro problema è la cultura dell’emergenza (l’altra faccia della medaglia della mancanza di pianificazione strategica).

Ed ecco che le aziende strutturate con una strategia di lungo termine (che include anche una chiara cultura aziendale) sono solo il 7,76% delle aziende italiane.

Cosa significa strutturata?

Lo vediamo subito attraverso un parametro inequivocabile per avere un’idea univoca di quanto la tua azienda possa definirsi “strutturata” o meno.

Com’è il tuo organigramma aziendale?

Un’azienda strutturata è un’azienda che persegue i suoi obiettivi con una strategia e con funzioni e ruoli sincronizzati

… ma tanto per cominciare, non a tutti è chiaro il proprio organigramma. 

In alcuni casi è stato fatto svariati decenni addietro. È presente da qualche parte nel PC, magari in formati di file nel frattempo diventati obsoleti che neanche si aprono più su un computer del ventunesimo secolo.

In altri casi c’è, è aggiornato, ma presenta degli acciacchi.

Un esempio di organigramma “acciaccato” è uno schema in cui compare il nome di una persona senza precisare con esattezza né il suo ruolo né come si relaziona con i ruoli degli altri nomi presenti nell’organigramma.

In altre parole, ci sono le persone ma manca:

  • il flusso di persone;

  • come si sincronizzano tra di loro;

  • che responsabilità ha ciascuno;

  • chi fa cosa.

E se l’imprenditore ha difficoltà a buttar giù un organigramma chiaro, prova a immaginare la confusione di ruoli e responsabilità che può avere un collaboratore.

Ogni organigramma che riesca a far fluire i processi aziendali deve presentare in modo esplicito i seguenti tre livelli:

  • livello top: sono i piani alti in cui si organizza la strategia e si ragiona per il lungo termine;

  • livello intermedio: è formato dai direttori a cui i piani alti delegano l’organizzazione della strategia. Hanno il compito di organizzare il breve e medio termine. Sono tutti i reparti che lavorano in modo omologo sulla linea di produzione (logistica, amministrazione, commerciale ecc.);

  • livello operativo: è il piano in cui prende vita la tattica. È l’insieme del team aziendale che svolge il proprio lavoro in base all’operatività e alle politiche aziendali.

Oltre a chiarire questi tre livelli, l’ideale è che il flusso dell’operazione scorra dalla parte sinistra dell’organigramma, verso destra. Il tutto senza percorrere giri complicati e ridondanze. In flusso deve scorrere, non deve tornare su per poi scendere di nuovo.

Le funzioni aziendali dovrebbero essere idealmente distribuite dal commerciale per arrivare all’amministrazione.

Spesso vedo organigrammi con le caselle “commerciale” e “produzione” invertite tra di loro rispetto all’ordine in foto. 

Ecco questa disposizione in cui il commerciale viene dopo l’aspetto tecnico, è una delle cause del “nanismo aziendale”; la ragione è che la sfida più impegnativa per un’azienda non è tanto produrre quanto piuttosto vendere ciò che si produce. 

Se l’attività di produzione detta il ritmo, ad esempio, il commerciale è vincolato dalla produzione disponibile.

Al contrario, se si parte dalle vendite, qualora fossero davvero altissime, un modo per aumentare la produzione si trova.

Chiudendo il capitolo legato all’ordine e alla struttura, c’è anche (come sempre) una componente legata alla mentalità aziendale che limita la crescita dell’azienda. 

 

Le convinzioni per cui le aziende non crescono.

Prima ancora delle ragioni organizzative e di pianificazione, ci sono delle convinzioni molto diffuse tra gli imprenditori che limitano la crescita dell’azienda. Ecco le principali:

  • “bisogna rincorrere opportunità nel breve termine”;

  • “le vendite devono smaltire la produzione”;

  • “per vendere serve il marketing”;

  • “il marketing rende ricca l’azienda”.

In merito all’ultimo punto, voglio precisare una cosa: è vero che il marketing gioca un ruolo importante, ma fa il suo gioco nel migliorare la qualità del brand e la possibilità di vendere.

Resta però il fatto che la vendita, soprattutto in settori dove il contatto umano rimane una colonna portante del rapporto con i clienti, la porta avanti e a termine il commerciale (altrimenti non avresti una rete vendita, né staresti leggendo questo articolo).

Il marketing equivale all’aviazione nelle guerre: è di supporto, ma non è alternativo alla fanteria che è fisicamente sul campo a combattere contro l’esercito avversario. 

Un nome che in Italia penso conosciamo tutti è quello di Parmacotto. 

Aveva un brand fortissimo, ma è fallito. 

Spendeva in marketing più di quello che vendeva – motivo per cui probabilmente ricordiamo Sophia Loren con lo slogan “accattativillo”, ma negli scaffali di macellerie e supermercati il Parmacotto è passato a miglior vita.

La buona notizia è che, dall’altro lato, ci sono anche le convinzioni che contribuiscono a battere il nanismo aziendale:

  • bisogna perseguire con fiducia una strategia di lungo termine, che va inserita nel programma di medio termine e nel quotidiano;

  • la produzione deve stare al passo con le vendite;

  • per raggiungere il milione una rete vendita forte è sufficiente e necessaria;

  • il marketing è finanziato dalle vendite. 

Se usi solo il marketing ti arriveranno un quantità enorme di lead, non freddissimi ma neanche così caldi da poter stare tranquilli… e i tuoi venditori saranno ben lieti di precisare questa cosa come “ragione per mancate chiusure” – creandoti in casa una rete vendita piena di alibi.

Quindi (eccezion fatta se il tuo business si basa su un e-commerce puro), il primo milione lo fai con la forza vendita. Se hai una rete, cresci.

Proprio per questo motivo il prossimo passo è capire che tipi di rete vendita esistono e quali ci permettono di piazzare un’azienda tra quelle “compiute” che fatturano più di un milione.

 

I 4 tipi di rete vendita in base al tipo di imprenditore

Se l’ambizione ci porta a volerci togliere da quel 92,24% di piccole imprese, serve fare un check del tipo di rete vendita che abbiamo in azienda. 

Ne ho identificate 4, ciascuna riflesso di uno stile imprenditoriale diverso.

1) Rete vendita immatura: l’imprenditore è un ottimo tecnico

Il primo caso è quello di un’azienda capitanata da un grande tecnico. 

Questo dettaglio ha vari vantaggi, ma una serie di limiti dal punto di vista della crescita della rete vendita.

In un’azienda con questa impronta, prevale l’orgoglio tecnico e spesso l’imprenditore non si spiega perché i venditori non vendono.

La tua rete vendita è immatura se:

  • manca un piano strategico commerciale;

  • la gestione è tattica e si basa sull’emergenza;

  • la selezione è imprecisa;

  • i venditori sono pochi e hanno un basso fatturato pro capite;

 

“Eh li selezioniamo ma non rimangono.“

“Ok. Chi gestisce l’inserimento?” 

“I miei agenti.” 

 

A chiunque si veda identificato con questo mini dialogo, vorrei dire che so quanto sembri logico far seguire i nuovi arrivati dagli agenti più bravi. 

Imparerà i segreti del mestiere dal migliore!

Purtroppo, nonostante l’apparente logica, in realtà l’agente non è un sales manager. Se l’agente è bravo, nella testa ha la vendita. 

Di conseguenza non solo durante l’affiancamento potrebbe non riuscire a trasmettere la sua “bravura”…

… ma oltretutto, quando deve prendere per mano un venditore per avviarlo, nella stragrande maggioranza dei casi vede il compito come un intralcio al suo lavoro (che nella sua testa è fatturare).

Oltre a quelli già citati, ci sono altri segnali di una rete vendita immatura:

  • politiche aziendali poco chiare;

  • si è alla ricerca del super-venditore che risolva ogni problema;

  • non è prevista la formazione ai venditori;

  • l’imprenditore è concentrato sul prodotto e sul prezzo;

  • la formazione avviene per osmosi;

  • i processi d’acquisto dei clienti non vengono studiati;

  • ogni cliente non incide oltre il 5% del fatturato;

  • i processi sono rudimentali e non documentati;

  • le competenze non sono chiare.

Un’azienda con questo modello soffrirebbe in ogni crisi, ma può funzionare se il mercato è in crescita, la concorrenza è debole e se le relazioni personali instaurate con i clienti sono forti.

 

2) Rete vendita emergente: l’imprenditore è il miglior venditore

Riprendendo l’organigramma usato prima come esempio, quello della rete vendita emergente è il caso in cui la linea intermedia è praticamente assente.

Come nel caso precedente, in caso di crisi, l’azienda potrebbe avere dei problemi.

Il metodo di vendita si fonda esclusivamente sulla forza dei venditori, che per di più sono orientati sul prodotto – anche se sostengono di essere orientati al cliente e al servizio.

Le principali caratteristiche di un’azienda con rete vendita emergente sono:

  • il piano strategico è incompleto;

  • è tutto sulle spalle dell’imprenditore;

  • manca la delega soprattutto nella leadership intermedia;

  • il turnover dei venditori è alto e l’azienda ne risente.

In un contesto simile l’imprenditore è la figura trainante, ma funziona solo se i venditori sono molto tenaci e hanno davvero voglia di lavorare bene.

Spesso però non è il caso, perché le motivazioni personali del commerciale non sono legate alla visione aziendale.

Il venditore non percepisce che grazie al suo contributo alla realizzazione del progetto dell’azienda, lui riuscirà di pari passo a realizzare se stesso personalmente e professionalmente.

Questa lacuna nella mentalità aziendale porta i venditori ad andarsene con frequenza; non hanno un vero e profondo motivo per rimanere nella tua azienda.

La formazione è occasionale e consiste per lo più nell’imitare l’imprenditore, conseguenza il metodo non è quindi documentato (con i relativi limiti in termini di apprendimento clonazione delle abilità).

Un’azienda con una rete vendita emergente, ahimè, è destinata a non funzionare. O meglio, potrebbe… ma l’imprenditore che la guida dovrebbe essere immortale.

È sostenibile per i periodi iniziali di una piccola azienda o in una start up il cui il titolare esercita un controllo diretto sulla rete vendita, che può essere o molto piccola e immatura oppure composta da specialisti maturi autonomi.

 

3) Rete vendita forte: l’imprenditore è carismatico e dà l’esempio

In questo caso abbiamo una rete vendita davvero forte: riflette il carisma dell’imprenditore che ha inoltre una chiara una strategia aziendale.

Il contro di questo carisma abbagliante è che rischia di oscurare la cultura aziendale ponendo un’enfasi eccessiva sull’individualità

I venditori sono coinvolti e lavorano senza scuse, alcuni spiccano particolarmente per la qualità… ma alla fine della fiera, la cultura di squadra è debole.

Le possibili caratteristiche negative di una rete vendita forte sono:

  • assenza o inefficacia della delega intermedia;
  • formazione scarsa e imprecisa;
  • le competenze non sono documentate;
  • il talento prevale sulla competenza.

I venditori sono bravi e pare che non si senta la necessità di formare, documentare e creare una linea di delega intermedia.

Una rete vendita forte funziona a condizione che sia piccola e il titolare carismatico ne abbia il controllo diretto. 

La condizione migliore per una squadra così è che l’azienda operi in una nicchia verticale, ma con una concorrenza poco aggressiva (e con “concorrenza poco aggressiva”, credo che possiamo escludere il 99% dei mercati).

 

4) Rete vendita dominante: l’imprenditore ispira le persone

Dulcis in fundo, ecco la rete vendita dominante, capitanata da un imprenditore che ispira i collaboratori

Rispetto ai casi precedenti, c’è un potenziamento della leadership e delle competenze. 

L’imprenditore è più concentrato sulla cultura aziendale, sul metodo, sulla formazione e costruisce i leader dall’interno dell’azienda.

Egli lavora sulle sia sulle motivazioni individuali di ogni venditore che sulla mentalità aziendale.

In base alla sua visione, definisce un protocollo chiaro e i ruoli di ognuno sono chiari, creando deleghe e stabilendo criteri precisi per cui risulta chiaro se un venditore sta lavorando bene o meno.

Le caratteristiche che riscontrerai in una rete vendita dominante sono:

  • il futuro dell’azienda è ben pianificato e c’è un piano strategico commerciale per realizzarlo;

  • i piani di carriera sono prevedibili e meritocratici;

  • la formazione è un asset strategico e pianificato, è standard e avviene per competenze;

  • il talento c’è, ma non prevale sulle competenze;

  • le competenze sono documentate e disciplinante;

  • l’imprenditore riesce a sviluppare una buona rete vendita strutturata;

  • detta le regole sul mercato per durare nel tempo.

 

Penso sia superfluo specificarlo: questo tipo di azienda funziona in tutti i mercati.

Si può a questo punto intuire l’impatto che l’imprenditore ha sulla rete vendita e, di riflesso, sul fatturato dell’azienda.

Possiamo dire con tranquillità che ciò che caratterizza il 7,76% delle aziende italiane che fatturano almeno un milione di euro è l’impostazione dettata dall’imprenditore.

I venditori che sposano la cultura aziendale e vedono nella realizzazione della visione aziendale anche la realizzazione delle proprie ambizioni personali, sono gli unici che resteranno davvero fedeli nel tempo alla tua azienda.

Questa squadra sarà di conseguenza composta da persone che crescono e sono pronte per i salti successivi. 

Tu, a tua volta, ti sarai circondato di venditori che saranno i tuoi futuri direttori commerciali e altre colonne portanti all’interno della tua azienda.

Solo un imprenditore che ha chiaro come creare una rete vendita di persone del genere può ambire a togliersi dal 92,24% di aziende che non arrivano al milione di fatturato.

Ancora un volta, ciò che determina la crescita di un’azienda è legato alla cultura aziendale e alla pianificazione strategica.

Sono queste le due chiavi per avere una rete vendita dominante che ci porta a raggiungere il primo milione – e fatturare anche quelli successivi.

Chi sa formare i venditori affinché aderiscono alla mentalità aziendale avrà inevitabilmente abbondanza di leader, ed è un passaggio cruciale da compiere per ottenere un certo tipo di successo.

Assistere gli imprenditori su come entrare a far parte di quel 7,76% di aziende compiute è ciò a cui mi dedico da oltre 30 anni.

Ci tenevo a mettere a tua disposizione tutto ciò che ho imparato sul campo in questo lungo e sfidante percorso.

La prima bella notizia è che tutte le strategie che ho messo a punto sono state perfezionate nel corso degli anni e hanno già contribuito in modo sostanziale alla crescita di oltre 26.000 tra imprenditori e venditori.

Visto il successo che hanno riscosso, ho scelto di mettere insieme i migliori suggerimenti pratici che portano al successo di un’azienda nel mio ultimo libro I codici segreti delle Reti Vendita.

I CODICI SEGRETI DELLE RETI VENDITA ROBERTO GIANGREGORIO STUDIO GR MODENA

> Lo trovi qui, a portata di click!

 

Ognuno dei codici che ho approfondito nel libro è fondamentale per far crescere la tua rete vendita. 

Lasciarne indietro anche solo uno può essere la ragione per cui un’azienda oggi è presente nel mercato, ma resta piccola e opera in sordina.

e un imprenditore merita molto di più.

Il mio desiderio per te è che vedere la tua azienda compiuta e ammirarla crescere a velocità galoppante.

Spero di poter contribuire concretamente anche al tuo percorso .

Un caro saluto (e buona lettura del libro, se deciderai di prendere la tua copia),

 

Roberto Giangregorio

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