Marketing: da strumento di supporto a “scusa più in voga” della rete vendita

 

11 agosto 1994.

12,48 dollari.

 

Quelli che hai appena letto sono la data e importo del primo pagamento con carta di credito avvenuto online: l’imprenditore ventunenne Dan Kohn vende un CD di Sting a un suo amico, a Philadelphia.

O per lo meno, questa è la versione che va per la maggiore (le leggende attorno alle prime transazioni online sono delle più disparate).

Il punto è un altro: dal momento in cui Tim Berners-Lee sviluppa l’idea di un web basato su ipertesti nel 1990 (antenato dei siti web e e-commerce come li conosciamo oggi), il mondo della vendita è stato stravolto.

 

La mentalità dei venditori, pian piano, è stata stravolta.

 

Negli anni ’70 o ‘80 sarebbe stato impensabile entrare su un sito internet, scrivere tutti i dati della nostra carta di credito e inviare soldi a qualcuno senza conoscerlo di persona, o senza sapere dove si trova fisicamente.

Oggi è prassi.

In quegli anni la vita del venditore consisteva nel consumare le suole delle scarpe, le nocche delle mani e far salire ogni giorno il kilometraggio della macchina.

Era talmente comune ricevere a casa visite di sconosciuti che la diffidenza e la rottura di scatole di chi si sentiva bussare alla porta traumatizzava un’ampia folla di giovani avventurieri che volevano darsi alla carriera di venditore.

Quelli che ce l’hanno fatta sono diventati gli Schwarzenegger delle reti vendita: i muscoli dell’ascolto e del parlare ben sviluppati, calli sulla punta del naso per le porte sbattute in faccia e tendini del pollice infiammati per la quantità di tasti digitati sul telefono (eh già, non esisteva ancora il touch)

 

A un certo punto arriva un disciplina che
tutti conosciamo: il marketing.

 

La palestra del venditore cambia. La ghisa viene sostituita con gli elastici… la corsa sul sentiero in montagna è stata sostituita con il tapis roulant…

Chi appartiene a generazioni diverse dai nativi digitali avrà potuto testimoniare – e in gran parte apprezzare – la semplificazione dei processi di vendita.

Ha richiesto dell’adattamento, ma vendere a qualcuno che può andare sul tuo sito a leggere che fai e spulciare tra le testimonianze di chi ha già comprato (anche fosse solo per questo) il suo aiuto lo dà.

Ciò che allo stesso tempo ho potuto notare nei miei 30 anni di ricerca attiva sul campo è l’evoluzione dell’atteggiamento dei venditori.

Il marketing, uno strumento che facilita la vita del commerciale, è in qualche modo arrivato a essere percepito da molti venditori che entrano oggi nelle aziende come la condizione senza cui è quasi impossibile vendere.

Se un tempo le scuse dei venditori erano quelle dei clienti (ovvero prezzo troppo alto e prodotto inferiore a quelli della concorrenza)… 

… oggi a queste se ne aggiunge un’altra: se la trattativa di un venditore va male, la responsabilità del fallimento ricade  sempre sull’imprenditore o sul marketing aziendale da lui impostato.

 

Da strumento di supporto, il marketing si è trasformato in un ulteriore alibi per i venditori.

 

Alcuni venditori diventano cuochi: «Questo lead era troppo freddo».

Altri dei generali di guerra: «Quell’altro era fuori target».

Alcuni si elevano a psicologi: «Quello ha letto del materiale marketing non idoneo al suo livello di consapevolezza».

Altri ancora invece degli ingegneri: «L’altro ancora era troppo indietro nel funnel».

 

Oggi se il potenziale cliente non si tuffa a petto gonfio e braccia aperte nelle mani del venditore, è colpa del marketing.

 

Non funziona così.

 

Il marketing è un aiuto. Un moltiplicatore. Un divulgatore.

 

Queste sono le tre utilità principali.

L’aiuto è per farti conoscere, trasmettere affidabilità e fiducia.

Ti va di ricordare una cosa importante insieme a me? Questo che hai appena letto è un lavoro che un venditore da solo deve saper fare a prescindere; semplicemente farlo di persona come una volta richiede più tempo, più lavoro, più appuntamenti e più trattative rispetto alle promesse del marketing.

L’aiuto vale anche per il post vendita: ricevere comunicazioni, leggere da altri quanto hanno fatto bene a comprare, continuare a conoscerti a prescindere dalle visite o chiamate del venditore… tutto ciò rappresenta un enorme supporto, per il venditore che sa già fare il suo lavoro.

Come abbiamo anticipato, il marketing è anche un moltiplicatore di vendite; mentre una gran parte di utenti ama e vuole il contatto umano, qualcuno è pronto a comprare anche se si è interfacciato solo con uno schermo (e in certi casi, per queste persone il marketing è un grandissimo alleato).

Da ultimo, il marketing rappresenta un divulgatore, perché ti permettere di espandere il tuo contatto anche in tutti questi posti in cui non puoi arrivare fisicamente (se il tuo prodotto o servizio è solo per gli abitanti del quartiere, una buona fetta non ti conoscerà mai né comprerà mai).

Il marketing ti permette invece di arrivare nello stesso istante in “tutti quei posti in cui il tuo commerciale non arriverebbe in macchina” 

 

Cosa NON è il marketing?

 

Molto semplicemente, il marketing NON è un venditore.

Non può sostituirsi a una persona pensante che si interfaccia con il tuo pubblico fornendo un VALORE AGGIUNTO che nessuno schermo sarà mai capace di apportare.

Se davvero le vendite fossero esclusivamente legate al marketing, non staremmo neanche a parlare di selezione e formazione di venditori.

Anzi, non parleremmo affatto di venditori.

Sarebbe una parola già sparita dai nostri dizionari e dalla nostra memoria, come il compact disk sostituito dall’mp3 o il videoregistratore sostituito dai DVD.

 

I nuovi standard di temperatura del contatto freddo

Per quanto riguarda i nuovi clienti, per esempio, sono ben cosciente che oggi fare chiamate a freddo è considerata una pratica anacronistica.

Il direttore commerciale che ti allena e ti dice di farle viene facilmente tacciato con tono dispregiativo di “boomer”. Come a dire “Zio, non hai capito che siamo in un’era diversa dal paleozoico?”.

Ora, se vuoi saltare la formazione a freddo è una tua scelta, neanche troppo giudicabile.

Ma il cliente nuovo, il famoso “lead”, a un certo punto lo dovrai chiamare. Magari addirittura vedere di persona.

Se sei abituato all’era del marketing, quello è il nuovo equivalente della chiamata a freddo: un tizio che non hai mai visto, con la differenza che prima di incontrarti è inciampato in un sito ed è stato sufficientemente interessato da lasciarti un contatto.

Come dicevo a inizio articolo, la ghisa è stata sostituita dall’elastico… ma qualcosa dovranno pur farlo comunque!

Quello che poteva essere un punto di forza dell’era digitale (farti conoscere a più persone contemporaneamente senza doverle vedere) si è trasformato in una sorta di punto debole (lo fanno tutti, e le informazioni straripano dagli schermi).

Perché sì, i clienti sono bombardati da informazioni e proposte di prodotti e servizi come non lo sono mai stati; non prestano più la stessa attenzione alla pubblicità… e come c’era diffidenza allora, ce n’è anche oggi – con la differenza che ti ritrovi davanti degli esperti che su internet si fanno le loro idee, magari sposando convinzioni sbagliate che andrebbero rimosse.

Per questo non si può sperare di oltrepassare queste barriere con più computer.

 

Il contatto umano è ciò che ancora fa la differenza

Secondo una ricerca condotta da Sitel Group nel 2018

  • il 70% dei consumatori intervistati in merito al servizio clienti preferisce parlare con un umano piuttosto che interfacciarsi con un customer service digitale (o, peggio ancora, un bot);
  • il 65% dei consumatori americani riconosce che un’esperienza positiva con un brand conta più della sua pubblicità, anche qualora la pubblicità sia ottima;
  • il 61% ha affermato di ritenere importante ricevere comunicazioni personalizzate dalle aziende di cui sono clienti, che sia via mail, chat o social media.

Per la serie, anche se la tua azienda è digital dai capelli all’unghia dei piedi, l’essere umano che batte sulla tastiera resta sempre ciò che i clienti vogliono.

E se questo vale per il servizio clienti… immagina quanto è determinante nella fase CONSULENZIALE DI VENDITA, quando una persona non ha ancora deciso se comprare da te.

Un altro sondaggio svolto dall’azienda PWC su un campione di 15.000 consumatori nel mondo ribadisce con percentuali schiaccianti la tua importanza come persona: 

 

  • il 75% degli intervistati desidera un futuro con PIÙ interazioni umane, non meno.

 

Addirittura tre quarti di loro affermano che l’esperienza positiva è più importante del prezzo e della qualità quando si tratta di scegliere di acquistare.

A prescindere dalla rotta digitale che tutti stiamo prendendo, resta importantissimo essere consapevoli che il tocco umano è e sarà insostituibile.

Per chi è già in linea con questi concetti, magari queste parole e le percentuali date sembrano la sagra della banalità “grazie eh, chi cavolo preferisce un robot a un umano?”.

Invece di scontato oggi non c’è proprio nulla, soprattutto quando parliamo di contatto tra persone.

 

Il 59% dei consumatori su scala mondiale ritengono che le aziende abbiano perso il “tocco umano” nell’interfacciarsi con il cliente.

Robert Wollan, esperto di strategie per i consumatori in Accenture, durante un’intervista rilasciata a Marketing Dive, riconosce che con la trasformazione digitale le aziende hanno sentito l’appetito e l’urgenza di coltivare competenze online…

… sono i consumatori a ricordare loro l’importanza dell’interazione umana (e non se ne sono accorti in 2 su 100.000, ma più di UNA PERSONA SU DUE).

Sempre nel report di PWC, il 71% dei partecipanti ha ribadito che preferisce l’interazione con una persona a un processo automatizzato.

Se tu hai un venditore che senza il lavoro del marketing è incapace di portare a casa un contratto, devi essere inamovibile sulla sua formazione e sui i risultati che ti aspetti, indipendentemente dal marketing.

Ne va della sua crescita… ne va delle vendite aziendali e della reputazione della tua azienda agli occhi dei clienti che vuoi aiutare.

Certamente ti toccherà curare quell’aspetto.

Voglio dire, se i tuoi venditori si fanno il mazzo ma neanche hai un sito o non ti sei curato di costruire una reputazione online che rifletta il tuo operato è un altro discorso: l’era digitale farà per te il marketing al contrario.

Ma tolti casi simili, il tuo venditore deve farsi la pelle e contare su sé stesso dal primo “ciao” al cliente in poi.

Se il marketing lo aiuta benissimo, siamo tutti più contenti: lui risparmia tempo e tutti, a parità di tempo investito, otteniamo più risultati.

Ma se così non fosse, un venditore è un venditore.

 

Il venditore NON è un raccogli-ordini

Non è un cameriere che chiede a chi si è già accomodato dentro al ristorante cosa gradisce che gli portiamo a tavola, lo carica nel conto e riscuote il pagamento.

Non può neanche più permettersi di essere un “prezziario umano” o una “brochure con gambe” che va in autoplay a riferire caratteristiche e prezzi del prodotto o servizio che vende e se il cliente è contento gli dice “Clicc…ehm, firmi qui”.

Se un venditore pensa che il suo livello di competenza possa essere riflesso in questa descrizione da film di fantascienza di serie B, oltre a essere in errore, gli basterà aspettare non pochi anni prima che ulteriori nuove tecnologie siano a disposizione sul mercato per essere usate completamente al suo posto.

Perché questo può farlo il marketing. Dire “Questo costa X” lo può fare una pagina online. È una competenza che non è più richiesta – e anche se 40 anni fa era inevitabile, a onor del vero, non è mai stata una “competenza” propriamente detta.

La tecnologia continuerà ad avere un ruolo cruciale per capire e prevedere il comportamento umano, ma nessuna abilità digitale esisterà senza le persone che ci stanno dietro.

Il marketing, semplicemente, abbrevia nel modo più intelligente e veloce possibile un contatto intelligente e interessato con il venditore.

Contribuisce a portare persone che poi i venditori devono saper chiudere. 

È una questione di VALORE.

Se puoi banalmente essere sostituito da un insieme di cavi, cariche elettriche, codici binari e tutto ciò che può esserci nel mondo digitale, devo dirti una cosa poco piacevole: vuol dire che se si limita a dire il prezzo o far comprare gente che si suicida col portafoglio in mano, il valore che un venditore sta apportando all’azienda è pari a ZERO.

E un imprenditore non può avere un’azienda composta di computer, robot e processi automatizzati.

Chi ha l’onere e l’onore di essere a capo di un gruppo di persone, deve ricordare ogni giorno il valore aggiunto che ogni elemento apporta alla squadra.

Imprenditore incluso.

Si tratta di valori e valore aggiunto dai tuoi venditori

Questi, amico mio, sono concetti estranei alle macchine.

Solo i venditori che si sentono rispecchiati dai valori e dalla cultura aziendale, dai principi alla base del progetto dell’impresa saranno davvero disposti a rinunciare allo scudo di alibi che li allontana dalla realizzazione professionale e personale.

Quello che voglio dire è che se anche un venditore dovesse capire che il marketing non deve fare tutto da solo, questa presa di consapevolezza non sarà sufficiente a fargli rinunciare a queste scuse ogni volta che si becca un “No grazie”.

Perché lo sappiamo tutti: è più comodo e facile dare la responsabilità a qualcuno diverso da noi stessi.

Per rinunciare a questa comodità, l’unica strada che nel tempo ha sempre funzionato è fare in modo che la motivazione del venditore a crescere sia fortemente legata alla realizzazione di ciò che è importante per LUI.

Nessuno si toglie da una comoda poltrona per farsi strada tra i rovi di spine per “far contento il capo”.

Il progetto personale del venditore deve potersi realizzare di pari passo con la realizzazione del progetto aziendale. 

Ciò avviene quando la cultura che impregna la rete vendita è composta da valori condivisi da tutti coloro che ne fanno parte e che sentono di contribuire alla realizzazione dell’azienda mentre lavorano alla propria realizzazione.

Come vedi, non importa da che punto si parte.

Il collante per creare e far crescere una rete vendita sana, forte, solida resta sempre la cultura aziendale.

… e costruirla è tutto tranne che un pronto intervento.

La buona notizia è che se vuoi iniziare a mettere in pratica i passi giusti per crearla e rafforzarla, nel mio ultimo libro I codici segreti delle Reti Vendita troverai tutto ciò che ti serve per iniziare a farlo.

È il concentrato di strategie e azioni che hanno già contribuito alla crescita di oltre 3.200 reti vendita in Italia e più di 165.000 tra imprenditori, direttori commerciali e venditori.

Ho voluto mettere a tua disposizione i punti più importanti di tutto ciò che ho imparato in oltre 30 anni di continua ricerca, sperimentazione e applicazione sul campo.

Sono tutti punti che, quando applicati, segnano inevitabilmente un nuovo ritmo per la tua azienda.

 

Sono certo che sarà così anche per te!

Al tuo successo,

Roberto Giangregorio

 

I CODICI SEGRETI DELLE RETI VENDITA ROBERTO GIANGREGORIO STUDIO GR MODENA

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